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martedì 15 dicembre 2009

San Pietro apostolo (parte 2)

Il discorso di Pietro, immediatamente successivo alla discesa dello Spirito Santo sugli apostoli, comincia con una lunga citazione dal profeta Gioele con cui spiegare alla folla stupefatta il miracolo per il quale i dodici parlavano in tutte le lingue della terra: “Io effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni e i vostri giovani avranno visioni... Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”.Pietro applicò al Cristo l'ultima frase della profezia e collegando immediatamente la morte e Pasqua, la sua Ascensione e l'effusione dello Spirito alla quale hanno assistito, egli dichiarò che Gesù era salito al cielo, e che egli aveva effuso lo Spirito come gli astanti stessi potevano vedere. Pietro consigliò dunque ad essi di pentirsi e farsi battezzare in nome di Cristo. Molti compresero che avendo partecipato alla crocifissione dovevano riparare, accettare la penitenza e il battesimo, tanto che quel giorno vi furono tremila conversioni. A questa prima predicazione seguì il primo miracolo dell'apostolo: nel nome di Gesù, Pietro restituì la salute a uno storpio che chiedeva l'elemosina. Poiché l'evento suscitò un grande concorso di popolo, Pietro da questo segno trasse profitto per annunciare la buona novella dichiarando che era stata la fede in Gesù, essa sola, ad aver guarito lo zoppo. Anche qui Pietro invitò al pentimento e alla conversione, sottolineando per gli Ebrei che lo ascoltavano che Gesù era il compimento della promessa fatta ad Abramo e degli oracoli dei profeti. Questa nuova ondata contò circa cinquemila convertiti. Mentre Pietro parlava al popolo, con Giovanni al suo fianco, fu arrestato dai sacerdoti e dai sadducei: vennero entrambi gettati in prigione perché era già tardi e sarebbero stati convocati davanti al Sinedrio solo l'indomani. Pietro allora, forte della sua fede, proclamò ancora che aveva guarito il paralitico solo nel nome di Gesù. I sinedriti ne furono sconcertati: ritenevano Pietro e Giovanni uomini semplici ma vedendo con quale autorità Pietro sapesse parlare restarono attoniti, e più ancora li sorprese la presenza, inconfutabile, del miracolato. Essi decisero molto semplicemente di vietare a Pietro e Giovanni di prendere la parola e di insegnare in nome di Gesù, al che i due apostoli risposero che non potevano tacere. Esaurito ogni argomento, e sentendosi impotenti davanti all'entusiasmo che si scatenava intorno al taumaturgo, i sinedriti lasciarono andare gli apostoli. Gli Atti sottolineano come i segni e i miracoli intanto si moltiplicavano. Anania e Saffira, sua moglie, che avevano mentito ai cristiani, furono smascherati da Pietro e caddero morti ai suoi piedi. La folla si accalcava intorno agli apostoli come un tempo in Galilea intorno al maestro. I malati venivano portati lungo la via dove passava Pietro affinché “anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro”. L'ira del sommo sacerdote e dei sadducei si manifestò allora di nuovo: ciò che non avevano saputo ottenere con la persuasione lo avrebbero imposto con la forza e così Pietro e Giovanni vennero nuovamente arrestati. Ma, secondo le Scritture, un angelo li liberò durante la notte. Quando i loro persecutori li vollero convocare per interrogarli, appresero che i loro prigionieri erano nel Tempio, intenti a insegnare, li fecero ricondurre davanti a loro, ma, adiratisi davanti alla tranquilla ostinazione dei due apostoli, furono calmati solo dall'intervento di Gamaliele.Venuti a sapere che la Samaria aveva ormai molti cristiani in essa, grazie alla predicazione del diacono Filippo, gli apostoli mandarono ai nuovi convertiti Pietro e Giovanni che erano autorizzati a imporre le mani, perché ricevessero lo Spirito Santo. Tra loro vi era Simon Mago, il cui nome sarà legato al peccato di “simonia”, noto come commercio dei sacramenti. Pietro gli fece comprendere che il denaro non avrebbe mai potuto acquistare il potere d'invocare lo Spirito Santo. Dopo la sosta in Samaria, l'apostolo fece ritorno alla pianura costiera. A Lidda egli guarì un paralitico, Enea; a Giaffa Pietro risuscitò una discepola di nome Tabita. I due prodigi guadagnarono alla fede molti abitanti delle due città. A Giaffa, Pietro abitava presso un conciatore di pelli. Mentre si trovava lì ebbe il privilegio di una visione: vide una grande tovaglia su cui si trovavano in gran quantità alimenti che la Legge di Mosè dichiarava impuri. Pietro venne invitato a mangiarli, e alle sue proteste una voce gli disse: “Ciò che Dio ha purificato tu non chiamarlo più profano”. Poco dopo Pietro fu chiamato presso un pagano, il centurione Cornelio, che a sua volta da una visione era stato spinto a convocarlo. E mentre Pietro gli parlava, lo Spirito Santo calò sul centurione e sui suoi compagni, come in una nuova Pentecoste. Era dunque arrivato il momento di far entrare nella comunità dei cristiani anche coloro che non erano circoncisi, e che erano considerati dall'ebraismo degli impuri. Nel frattempo Erode Agrippa I aveva cominciato una persecuzione contro i cristiani e fatto giustiziare Giacomo, fratello di Giovanni. Essendosi così attirato il favore dei Sinedriti, Erode decise di fare arrestare anche Pietro. Ma nuovamente un angelo gli apparve in carcere, e svegliò il prigioniero, che obbedì come in sogno ai suoi ordini risvegliandosi soltanto quando fu fuori dalla prigione. Si recò allora alla casa di Maria, madre di Marco, dov'era radunato un certo numero di fedeli in preghiera e costoro stentarono a credere ai loro occhi. Lo stupore e la confusione furono ancora più grandi nel campo di Erode, il quale fece imprigionare i carcerieri, in conformità con l'usanza del tempo per cui le guardie che lasciavano evadere un prigioniero incorrevano nella sua stessa pena. Dopo questa liberazione miracolosa, gli Atti degli Apostoli si limitano ad annotare che Pietro uscì e si incamminò verso un altro luogo. Stranamente, il Nuovo Testamento tace sugli ultimi anni della vita dell'apostolo. Per taluni, questo “altro luogo” sarebbe Roma, dove Pietro avrebbe cercato rifugio durante la persecuzione di Agrippa, nel 44; per altri, Antiochia, dove egli avrebbe soggiornato brevemente e dove si scontrò a quel tempo con Paolo, nel corso dell'incidente che questi riferisce nell'epistola ai Galati. Fino a quel momento Pietro frequentava i pagani e mangiava con loro ma all'arrivo di alcuni giudei, provenienti da Gerusalemme, per timore si allontanò da loro e si attenne alle prescrizioni mosaiche. Paolo gliene mosse vivo rimprovero poiché questo atteggiamento era contrario al pensiero cristiano. Nonostante tutto va notato l'omaggio che Paolo rende a Pietro come capo del gruppo apostolico. Gli Atti degli apostoli li collocano insieme a Gerusalemme al tempo del primo concilio della giovane Chiesa nel 49 circa. La questione del centurione Cornelio non aveva placato gli animi e la posta in gioco era fondamentale: una tradizione più che millenaria insegnava che chi si convertiva alla religione di JHWH doveva subire la circoncisione e seguire in tutto le prescrizioni della Legge. Ad Antiochia, Paolo e Barnaba, permeati del messaggio di Gesù, professavano invece che era sufficiente credere e ricevere il battesimo per essere salvi. Decise di recarsi a Gerusalemme per trattare la questione con gli apostoli e gli anziani. Prendendo la parola, Pietro alluse subito alla conversione del centurione Cornelio e sostenuto da Giacomo ebbe la meglio: il punto di vista di Paolo venne così approvato e la decisione orientò l'intero avvenire della Chiesa poiché ormai giudei e gentili avrebbero avuto gli stessi identici diritti. Il concilio di Gerusalemme è l'ultima apparizione di Pietro nel libro degli Atti. Egli era il portavoce dei discepoli e la comunità primitiva appare fondata su di lui; ma il prestigio di Giacomo a Gerusalemme andò aumentando, e al tempo dell'ultimo viaggio di Paolo a Gerusalemme, Giacomo è il solo citato. È probabile che l'apostolo Pietro si fosse recato a questo punto ad Antiochia e vi soggiornasse circa sette anni; è infatti considerato il fondatore della Chiesa di Antiochia e il suo primo vescovo. Quanto agli andirivieni di Pietro, bisogna ormai rifarsi alla tradizione dei padri apostolici, secondo la quale egli trascorse un primo soggiorno di alcuni anni a Roma. È anche possibile che abbia compiuto allora dei viaggi missionari. Probabilmente si recò a Corinto, poiché Paolo vi segnalò “dei partigiani di Pietro”, accanto ai partigiani di Paolo e di Apollo. La sua prima epistola è indirizzata a cinque Chiese dell'Asia Minore; si è potuto congetturare perciò che avesse egli stesso evangelizzato tali province romane. Secondo le Omelie di San Clemente, Pietro, partito da Tripoli, raggiunse Antiochia all'incirca nell'anno 52. Una tradizione molto antica, confermata anche da Girolamo, vede nell'apostolo il primo vescovo della città, tanto che già nei primi secoli la Chiesa romana celebra il 22 febbraio la festa della Cattedra di San Pietro, la cui denominazione completa era appunto: Natalis cathedrae sancti Petri apostoli qua sedit apud Antiochiam. Secondo la tradizione cristiana, Pietro finì i suoi giorni a Roma, crocifisso a testa in giù sotto Nerone, benché l'autenticità di tale evento sia ancora oggi fonte di grande dibattito fra gli studiosi della Bibbia. Unico documento che ci riferisce gli avvenimenti succedutisi dall'arrivo di Pietro nella città eterna fino al suo martirio sono dei testi apocrifi, denominati "Atti di Pietro". È improbabile che Pietro vi sia giunto nel 42, essendosi recato a Gerusalemme per il concilio. Secondo Lattanzio Pietro andò a Roma quando già Nerone era salito al trono, dunque dal 54 in poi. Quel che stupisce inoltre è la mancanza di riferimenti a Pietro negli atti degli apostoli, che narrano anche la permanenza di Paolo a Roma, e il suo non nominare l'apostolo nelle lettere ai Colossesi e a Filemone, nei quali ringrazia i compagni che lo sostengono a Roma. Antiche tradizioni lo fanno ospite a casa del senatore Pudente (sulla quale oggi sorge la chiesa di Santa Pudenziana, dove è conservata la tavola dove l'apostolo avrebbe celebrato l'eucaristia) e della casa, sull'Aventino, di Aquila e Priscilla (la chiesa di Santa Prisca è stata edificata sui resti della loro casa). Anche l'attuale basilica di San Sebastiano fu venerata da tempi antichissimi come Domus Petri, e un'iscrizione del papa Damaso all'interno della chiesa attesterebbe che lì abitarono Pietro e Paolo. Ugualmente la chiesa di Santa Maria in via Lata sorgerebbe proprio dove vi era una casa in cui abitarono Pietro, Paolo e Luca, che qui scrisse gli Atti degli apostoli. Si ricorda poi la località ad nymphas sancti Petri, sulla via Nomentana, presso il cimitero dell'Ostriano, dove secondo la tradizione l'apostolo battezzava i fedeli. A Roma ebbe fine, secondo antiche tradizioni, lo scontro fra Pietro e il mago Simone di cui parlano anche Eusebio di Cesarea e Giustino. Secondo la loro testimonianza questi era giunto a Roma al tempo di Claudio, e Pietro l'aveva seguito proprio per confutare le sue teorie. Eusebio sottolinea inoltre che Simone era noto per la sua vita immorale, famoso per i prodigi della sua magia, che gli conquistarono la fama del popolo che edificò in suo onore perfino una statua su cui era inciso "Semoni Deo Sancto". Ancora oggi nella chiesa di Santa Francesca Romana si conserva una pietra con i solchi di due ginocchia, secondo la tradizione, quella su cui Pietro si inginocchiò pregando il maestro di fermare gli incantesimi dell'avversario. Secondo antiche tradizione, Pietro venne arrestato a seguito della persecuzione neroniana e rinchiuso, insieme a Paolo, all'interno del Carcere Mamertino (dove poi sorse la chiesa di "San Pietro in Carcere") dove i due carcerieri, destinati a diventare i santi Processo e Martiniano, vedendo i miracoli operati dai due apostoli, chiesero il battesimo. Allora Pietro, facendo un segno di croce verso la Rupe Tarpea, riuscì a farne scaturire dell'acqua e con essa battezzò i due carcerieri che subito dopo aprirono loro le porte per invitarli alla fuga, venendo però scoperti e giustiziati. Questa sembra però essere una leggenda infondata perché il carcere Mamertino era destinanto a prigionieri che si dovevano custodire con attenzione (basti pensare a Giugurta e Vercingetorige) e non di certo a un uomo come l'apostolo, uno dei tanti immigrati nella capitale dell'Impero, almeno che Nerone non lo ritenesse talmente pericoloso da scatenare una rivolta fra i cristiani - cosa molto probabile. Benché non esistano prove certe della permanenza dei due nel carcere, la tradizione è comunque molto antica e la trasformazione del carcere in chiesa si fa risalire al IV secolo per volere di papa Silvestro I. Fuggito dal carcere, Pietro si diresse verso la via Appia, ferito per la stretta delle catene. Nei pressi delle terme di Caracalla avrebbe perso la fascia che gli stringeva una gamba, oggi custodita nella chiesa dei santi Nereo e Achilleo, detta appunto "in fasciola". Una leggenda narra che lungo la via Appia egli incontrò il Maestro che lo invitò a tornare a Roma per morirvi martire. Catturato nuovamente dai soldati dell'imperatore venne crocifisso, secondo un'antica tradizione, trasmessaci da Girolamo, Tertulliano, Eusebio e Origene, a testa in giù per sua stessa richiesta fra il 64, anno della persecuzione anti-cristiana di Nerone, e il 67. Un punto abbastanza controverso fu poi la questione se Pietro e Paolo fossero stati martirizzati nello stesso giorno e nello stesso anno. Il Martirologio Romano, i Sinassari delle Chiese orientali, nonché il Decretum Gelasianum del V secolo affermano: «Non in un giorno diverso, come vanno blaterando gli eretici, ma nello stesso tempo e nello stesso giorno Paolo fu con Pietro coronato di morte gloriosa nella città di Roma sotto l'imperatore Nerone», fissandone quindi la data al 29 giugno 67. L'archeologa Margherita Guarducci, famosa per aver studiato a fondo la Tomba di Pietro e aver trovato i resti di colui si pensa sia San Pietro, dopo una serie di delucidazioni, giunse alla conclusione che la sua morte avvenne il 13 ottobre 64.

San Pietro apostolo (parte 1)

Pietro Apostolo è noto per essere considerato il primo vescovo di Roma, e dunque Papa, della cristianità. Simon Pietro, secondo il vangelo di Giovanni era nativo, così come il fratello Andrea e l'apostolo Filippo, di Betsaida, città situata a circa 3 chilometri a nord del Lago di Tiberiade, un antico villaggio successivamente ricostruito dal tetrarca Filippo che fondò qui la sua capitale e gli diede il nome di Giulia in onore della figlia dell'Imperatore Augusto. Dopo il matrimonio si trasferì però, secondo i vangeli sinottici, a Cafarnao, paese che divenne in seguito centro della predicazione di Gesù, che vi si recava spesso come amico. Gli scavi, effettuati a partire dal 1905, portarono alla luce i resti della sinagoga e di una chiesa ottagonale sulle cui fondamenta furono scoperti, nel 1968, una casa, identificata con quella di Pietro grazie alla presenza di alcuni graffiti, dedicati a Cristo e all'apostolo, databili al II secolo d.C. Pietro era figlio di Giona o Giovanni e fratello di Andrea che divenne anche lui apostolo, scelto e chiamato col fratello sul lago di Galilea. Sappiamo poi, secondo i vangeli, che un giorno Gesù guarì a Cafarnao “dalla febbre” la suocera dell'apostolo. L'esistenza di questa suocera ha portato alla conclusione che Pietro fosse sposato ma nulla sappiamo né della moglie né dei figli. Interessante è però ricordare che l'apostolo San Paolo allude a una “donna credente di Cefa" che senza dubbio era la moglie. L'autore stesso della lettera solitamente identifica le collaboratrici col titolo di "sorelle" (adelphe) e non "sorelle donne", come sarebbe meglio tradurre "donna credente" (derivando dalle parole greche adelphen gunaika). Secondo Clemente di Alessandria la moglie di Pietro seguì il marito nella sua predicazione e morì martire prima di lui. E' presumibile però che l'autore volesse usare questa tradizione mostrando un apostolo quale modello di marito perfetto, nel senso cristiano del termine. Gli Atti apocrifi di Pietro copti attribuiscono all'apostolo anche una figlia. La giovane era paralizzata, la folla, commossa dal suo soffrire, decise di intercedere presso il padre per lei. Questi non solo non la guarì ma spiegò anche che ella era stata punita con quella malattia per aver acceso, con la sua bellezza, il desiderio di un giovane, di nome Tolomeo, che a causa della disperazione era divenuto cieco. L'autore della Passio dei santi Nereo ed Achilleo (V-VI circa) la identifica con Petronilla, una martire sepolta nelle catacombe di Domitilla, a causa di una assonanza col nome dell'apostolo e inserisce nel suo racconto, oltre al citato episodio, un brano secondo cui la giovane, guarita dal suo male, chiesta in sposa dal nobile Flacco, morì placidamente prima di accogliere la sua proposta di matrimonio. L'autore non dice in quale giorno sia morta ma la tradizione indica il 31 maggio, data passata poi nel Martirologio Romano. I fratelli Pietro e Andrea vengono presentati nei vangeli, sin dalla loro prima chiamata, come pescatori e più volte li ritroviamo con le barche sul lago di Galilea. Sappiamo persino che Giacomo e Giovanni di Zebedeo erano, secondo il vangelo di Luca, soci di Simone e difatti saranno chiamati alla sequela subito dopo gli amici. Emblematico in tal senso è il famoso episodio della pesca miracolosa, nel quale ritroviamo Pietro intento a ripulire le reti dopo una dura notte di lavoro senza alcun risultato. Anche dopo la Risurrezione, Gesù apparve a Pietro e ad altri discepoli mentre pescavano nei pressi del lago di Tiberiade, che era una zona molto pescosa. Ciò che si definisce la vocazione degli apostoli pone notevoli problemi agli esegeti. Secondo quanto detto prima, fu in Giudea, nel luogo dove si manifestò il Battista, secondo Giovanni, che andrebbe situata la prima chiamata: due discepoli infatti, sentendo Giovanni Battista indicare Gesù come l'Agnello di Dio, gli si avvicinarono e gli chiesero dove abitasse; quindi passarono la giornata con lui. Andrea, il fratello di Simone, era uno dei due discepoli e per primo egli avvertì suo fratello: “Abbiamo trovato il Messia", e lo condusse da Gesù, il quale, “fissando lo sguardo su di lui, disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa”, che a quanto specifica l'evangelista vuol dire Pietro. Matteo situa il nuovo nome dato a Simone in un diverso contesto, quello della “'confessione di Cesarea” e questa differenza nella tradizione sottolinea l'importanza che i primi cristiani davano al nome di Pietro, che non veniva usato come nome nel loro ambiente. I Sinottici collocano le prime chiamate in riva al mare di Galilea, detto anche lago di Gennesaret. Gesù conosceva già Simone e per predicare gli chiese di salire sulla sua barca, invitando poi i pescatori a raggiungere il largo e gettare le reti. Sebbene non avessero pescato nulla nel corso di tutta la notte, Simone obbedì con sollecitudine ed ottenne una pesca miracolosa, così abbondante che fu necessario chiamare in aiuto un'altra barca. Sopraffatto, il futuro apostolo cadde ai piedi di Gesù che gli annunciò che da quel momento in poi sarebbe diventato pescatore d'uomini. La risposta dei primi discepoli fu di abnegazione assoluta: “Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”. Dagli Atti degli apostoli veniamo poi a sapere un altro aspetto importante della vita di Pietro: la sua condizione culturale. Arrestato con Giovanni e condotto in presenza del Sinedrio, l'apostolo rispose con saggezza al loro interrogatorio, lasciando meravigliati i due giudici che lo credevano senza istruzione e popolano. Pietro viene definito quindi "agrammatos" cioè poco esperto delle Scritture, senza preparazione scolastica nè tantomento retorica, ma anche "idiotes", cioè popolano, uomo degli strati più bassi. Pietro risulta dai racconti evangelici come un personaggio spontaneo nelle sue reazioni, impetuoso ma anche disposto a comprendere i propri errori e a imparare. Nel celebre episodio della camminata sull'acqua Pietro corse incontro al maestro chiedendogli di poter fare lo stesso e imparando a sue spese, sprofondando fra le onde, che per compiere siffatti prodigi è necessaria una fede totale. Egli, fra i dodici, è anche il più ardito nei suoi discorsi, e spesso parla e agisce a nome loro. All'inizio del ministero di Gesù, andò a cercarlo quando il Maestro si era ritirato nella solitudine del deserto. In più occasioni lo interrogò a proposito delle parabole, implorando da lui una spiegazione o chiedendogli a chi fossero destinate se ai Dodici o alla folla. È d'altronde da lui che gli esattori delle imposte si recarono per reclamare il tributo del Tempio. Pietro stava per comunicarlo a Gesù che lo prevenne e gli dichiarò che egli stesso era esentato dalla tassa, ma non voleva provocare scandali. Così Gesù inviò Pietro a pescare un pesce nella cui bocca venne trovato uno statere, ossia quattro dracme, che rappresentavano l'ammontare delle due tasse dovute: quella di Gesù e quella di Pietro. Quando una donna, nella folla, toccò l'orlo del mantello di Gesù nella speranza di essere guarita, e il maestro domandò: “Chi mi ha toccato?”, fu Pietro ad affrettarsi ad osservare che la folla lo stringeva da tutte le parti. Sempre Pietro domandò a Gesù sino a quali limiti ci si debba spingere nel perdonare: “Fino a sette volte?” e ricevendo come risposta dal maestro: "Settanta volte sette", cioè sempre. Mentre si avvicinavano a Gerusalemme, Pietro interrogò Gesù sul fico che aveva maledetto e che l'indomani era stato effettivamente trovato seccato fin dalle radici. Gesù si limitò a rispondere: “Abbiate fede in Dio”. A Gerusalemme fu di nuovo Pietro ad informarsi sulla ricompensa che attendeva in cielo coloro che, come lui, avevano lasciato tutto per seguire Gesù. In risposta promise: per questa vita, una famiglia spirituale e dopo la morte, la vita eterna. Davanti al tempio, dopo la predizione di Gesù riguardo la sua totale distruzione, Pietro convinse Andrea e i due figli di Zebedeo a tentare insieme di ottenere da Gesù la data di questo avvenimento. Dopo il discorso a Cafarnao sul pane di vita, a seguito del quale parecchi discepoli abbandonarono il maestro, quando Gesù chiese ai dodici se se ne sarebbero andati anch'essi, come quanti si erano scandalizzati, Pietro rispose a nome di tutti dicendo: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna". I Vangeli sinottici raccontano che Gesù si allontanò su un monte con Pietro, Giacomo e Giovanni. Là cambiò aspetto mostrandosi ai tre discepoli con uno straordinario splendore della persona e una stupefacente bianchezza delle vesti, e apparvero al suo fianco Mosè ed Elia. Pietro prese la parola dicendo: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia.» (Matteo 17,4). Ma Gesù ignorò il suggerimento e chiese di non riferire ad alcuno dell'episodio. A Cesarea di Filippo, Gesù interrogò i suoi apostoli su quel che gli uomini dicevano di lui. Vennero elencate varie risposte. Alla fine, il Maestro chiese ai Dodici: “Voi chi dite che io sia?”. Allora fu Simon Pietro che, primo tra i Dodici, espresse in termini umani la realtà soprannaturale del Cristo: “Tu sei il figlio del Dio vivente!”. Gesù in primo luogo proclama: “E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. Il termine “Chiesa”, tanto frequente sotto la penna di Paolo, nei vangeli non appare che due volte e designa la nuova comunità che Gesù stava per fondare e che egli presenta come una realtà non solo stabile, ma indistruttibile. Essa è “edificata” su Simone, che a causa di questo ruolo riceve qui il nome di Pietro. Gesù indica quindi i poteri conferiti a Simon Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Il senso di questa immagine, nota alla Bibbia e all'Oriente del tempo, suggerisce l'incarico affidato a un unico personaggio di sorvegliare ed amministrare la casa. Padre Benoîta, autore di "Esegesi e Teologia", traduce con “maestro di palazzo” o “visir”. Pietro è da Gesù nominato "Primo ministro" della sua Chiesa, della quale dovrà governare non solamente la massa dei fedeli, ma gli stessi funzionari. Il potere di legare e di sciogliere implica il perdono dei peccati, ma non va limitato a questo significato: esso comprende tutta un'attività di decisione e di legislazione, nella dottrina come nella condotta pratica, che coincide con l'amministrazione della Chiesa in generale. Subito dopo l'episodio sopra citato, Gesù comunicò ai suoi apostoli la prima rivelazione della passione che avrebbe dovuto subire. Pietro, prendendolo in disparte, protestò contro questa prospettiva che gli sembrava improbabile dicendo: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai". Ciò gli attirò un severo biasimo: colui che era appena stato consacrato capo della Chiesa si sentì chiamare "Satana", l'avversario, il tentatore, colui che vorrebbe far cadere il Cristo: "Lungi da me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perchè non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini". Insieme a Giovanni, Pietro è chiamato ai preparativi del pranzo pasquale in cui Gesù istituì l'Eucaristia. Giovanni e Luca situano in questa occasione l'annuncio del rinnegamento di Pietro che invece Matteo e Marco collocano un po' più tardi, sulla via del Getsemani. Gesù dichiarò a Simone che Satana cercava in loro la sua preda, ma che egli avrebbe pregato per loro. Gli predisse che avrebbe rinnegato il suo Maestro, ancora prima che il gallo cantasse: la sincerità di Pietro era totale, ma la forza gli sarebbe venuta meno. Nondimeno Gesù l'avrebbe riconfermato nel suo ruolo preminente per il sostegno della fede: "Tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,32). È nel corso di quest'ultimo pasto che Gesù annunciò il tradimento di uno dei Dodici, e Pietro fece cenno a Giovanni, che era seduto accanto a Gesù: "Dì, chi è colui a cui si riferisce?"(Gv 13,24). Il Vangelo di Giovanni, che non descrive l'istituzione dell'Eucarestia, riferisce un altro episodio verificatosi durante la cena. Gesù s'interruppe per compiere delle funzioni normalmente lasciate a degli schiavi: lavare i piedi dei suoi ospiti. Stupefatto, Pietro protestò con energia ma alla risposta di Cristo: "Se non ti laverò, non avrai parte con me"(Gv 13,8), l'ardente apostolo, eccessivo nel consenso come lo era appena stato nel rifiuto, reclamò: "Signore, non solo i piedi ma le mani e il capo" (Gv 13,9). Ritiratosi nell'orto del Getsemani, Gesù chiese a Pietro, Giovanni e Giacomo di mettersi in disparte con lui per pregare. Essi però, sopraffatti dal sonno e dal vino della cena, caddero addormentati, ricevendo per ben tre volte il rimprovero del maestro che disse loro, e in particolare allo stesso Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto ma la carne è debole". Tutti i Vangeli riportano che, al momento dell'arresto di Gesù, uno di quelli che stava con lui tagliò con la spada un orecchio a un servo del sommo sacerdote di nome Malco. Il vangelo secondo Giovanni identifica l'aggressore in Pietro che subitamente venne rimproverato da Gesù con la celebre frase divenuta proverbiale: "Chi di spada ferisce di spada perirà!". Durante il processo religioso di Gesù, Pietro, seguito secondo Giovanni da un altro discepolo innominato riuscì ad intrufolarsi all'interno del cortile della casa del sommo sacerdote. L'apostolo innominato, da molti riconosciuto nello stesso Giovanni, era conosciuto lì dentro e riuscì ad entrare insieme a Pietro. Quest'ultimo venne però riconosciuto da una serva (su questo concordano tutti e quattro i Vangeli, Giovanni sottolinea che la donna era la portinaia) che dichiarò davanti a tutti che il nuovo arrivato era uno dei discepoli di Gesù. Il pescatore di Cafarnao, sicuro di essere stato scoperto, giurò davanti a tutti di non conoscerlo. Recatosi nell'atrio dove, come testimoniano Luca e Giovanni, era stato acceso un fuoco dalle guardie e dai servitori del sommo sacerdote, Pietro venne nuovamente riconosciuto, questa volta da un'altra serva, ma negò di nuovo la sua appartenenza al seguito del maestro. Passata circa un'ora dai due rinnegamenti, Pietro venne nuovamente riconosciuto dalla gente intorno al fuoco, il suo accento difatti aveva smascherato la sua appartenenza alla cerchia dei galilei dinanzi a tutti. Uno di essi, secondo il resoconto di Giovanni, era perfino presente al momento dell'arresto e l'aveva riconosciuto come colui che aveva ferito all'orecchio Malco. Senza via d'uscita, Pietro rinnegò una terza volta il maestro. Dopo aver sentito nello stesso istante il canto del gallo (due volte in Marco), ricordandosi le predizioni di Gesù (che secondo Luca egli incontrò subito dopo) riguardo il suo tradimento, l'apostolo fuggì via piangendo amaramente, fatto che è testimoniato allo stesso modo nei tre vangeli sinottici. Dopo il triplice rinnegamento, i Vangeli abbandonano la figura di Pietro e non ci riportano ciò che egli fece durante la passione del Maestro. Lo ritroviamo soltanto la mattina di Pasqua: avvertito da Maria Maddalena che il corpo di Gesù era scomparso, Pietro corse al sepolcro con il discepolo che Gesù amava e lì trovò soltanto le bende di lino e il sudario che avvolgevano il cadavere. Il Vangelo di Luca e la lettera di San Paolo ai Corinzi sottolineano che per primo Pietro fu favorito da un'apparizione del Cristo risorto. In seguito anche lui condivise con i compagni le apparizioni nel Cenacolo e sul mare di Galilea. Secondo il vangelo di Giovanni, Pietro e altri sette apostoli, passato il tempo delle apparizioni del risorto, tornarono sul lago di Tiberiade alle loro mansioni di pescatore. Un mattino, dopo una notte passata insonne e senza aver preso nulla, videro un uomo a riva che consigliò loro di gettare le reti dalla parte destra della barca. Seguendo i consigli dello sconosciuto essi presero una moltitudine di pesci, riconoscendo dunque in lui il maestro. Pietro si gettò in mare verso Gesù. Quando tutti furono tornati a terra questi li invitò ad arrostire i loro pesci e a dividere con lui la colazione. Dopo aver finito, Gesù si rivolse direttamente a Pietro e tre volte gli domandò: "Simone di Giovanni mi ami tu?". La ripetizione sconcertò l'apostolo, il quale insistette, la terza volta, con una toccante umiltà: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo". La triplice protesta, secondo l'esegesi cristiana, serviva a cancellare il triplice rinnegamento della tragica notte in casa di Caifa. Pietro si sentì quindi predire in parole velate il martirio che lo attendeva in età avanzata. Dopodiché Gesù gli disse: "Seguimi" ma l'apostolo vedendo che il discepolo amato seguiva le loro orme, interrogò Gesù sul destino del discepolo prediletto ma la risposta fu alquanto enigmatica. Nel luogo di questa apparizione vi è una cappella in basalto detta "il Primato di Pietro", che si erge su di uno scoglio a strapiombo sul lago, accessibile tramite una scala scolpita nella roccia, che scende sino a una caletta. Eteria, una pellegrina proveniente dalla Spagna, che riferisce del suo viaggio nei luoghi santi in una cronaca risalente alla fine del IV secolo, cita "la scala dove stava il Signore" . La cappella attuale, che risale al 1935, ha sostituito un antico santuario, spesso riedificato dopo il passaggio di Eteria, e che si chiamò a lungo "la chiesa dei dodici apostoli", perché si supponeva che Cristo vi avesse battezzato i suoi discepoli. Sin dai giorni immediatamente successivi all'ascensione di Gesù, Pietro assunse il comando del piccolo gruppo degli apostoli. Ricordando il tradimento e la morte di Giuda, egli provvide alla sostituzione del traditore con un uomo che sarebbe divenuto, con gli undici, testimone della Risurrezione, eleggendo così tramite sorteggio un tale chiamato Mattia.

Mi basta la Tua Grazia.

sabato 12 dicembre 2009

III Domenica d'Avvento - GAUDETE

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,10-18) "In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo." La Chiesa Cattolica propone nella III Domenica d'Avvento dell'anno 2009 (C) il Gaudio della Profezia. La parola chiave è Gaudete, che in latino significa "Gioite". E' possibile delineare generalmente nei Vangeli due protomessia, ovvero due personaggi che in qualche modo annunciano l'imminente venuta di Cristo: l'Arcangelo Gabriele, che ne annuncia la nascita fisica, e Giovanni il Battista, che ne annuncia la nascita spirituale. Dopo Maria, la madre di Gesù, il primo cristiano è proprio Giovanni il Battista. Egli è dunque un importante modello di santità e sacerdozio. Bisogna proclamare con gioia e senza timore l'esistenza di un Dio unico e giusto e avvisare del mortale pericolo del peccato che scaturisce dall'assenza divina nei cuori. L'evangelizzazione è una delle più alte forme di Lode al Signore, poichè attraverso di essa Egli parla ai cuori degli altri. A Giovanni si presentano varie persone, oltre ai semplici israeliti laici, anche pubblicani e soldati. Tutti gli chiedono: "Cosa dobbiamo fare?". La risposta è sempre la stessa, comune a tutti i profeti, ma viene ribadita ancora: l'Amore disinteressato per il prossimo, la vera Carità Cristiana. Nonostante Giovanni è forte, impavido e severo con sè stesso (non dimentichiamo che viveva nel deserto, indossando pelli di cammello e mangiando locuste), mantiene una umiltà profonda: non sostiene di essere il Messia, nè vuole che si fondi una religione sui suoi insegnamenti. Egli è solo il promotore di un grande annuncio messianico: Gesù di Nazareth, il Cristo, Dio che si fa uomo. Molti sono oggi, invece, coloro che sostengono di venire in nome di Dio e di Cristo e allo stesso tempo dicono che il loro compito è quello di completare il lavoro iniziato da Gesù duemila anni fa. Un comportamento totalmente distante dall'umiltà battista, e che è invece degna di abili ingannatori. Cristo ci avvisò: verranno falsi cristi e falsi profeti in nome mio, ma voi perseverate e non credete, perchè chi perseverà sarà salvato.

venerdì 11 dicembre 2009

Il Libro di Daniele (Cap.2)

E' possibile dividere il Libro di Daniele in tre parti principali: 1. Daniele e i giovani ebrei alla corte del re (1-6); 2. Visioni di Daniele (7-12); 3. Susanna, Bel e il drago (13-14).

La prima parte è stata scritta dopo o verso la fine del periodo d'Esilio Babilonese da autori giudei che sicuramente attinsero da fonti secondarie, con lo scopo di confortare il popolo israelita deportato e di annunciare le gesta di un grande profeta ispirato da Dio. Capitolo 2

"1 Nel secondo anno del suo regno, Nabucodònosor fece un sogno e il suo animo ne fu tanto agitato da non poter più dormire. 2 Allora il re ordinò che fossero chiamati i maghi, gli astrologi, gli incantatori e i caldei a spiegargli i sogni. Questi vennero e si presentarono al re. 3 Egli disse loro: «Ho fatto un sogno e il mio animo si è tormentato per trovarne la spiegazione». 4 I caldei risposero al re (inizio aramaico): «Re, vivi per sempre. Racconta il sogno ai tuoi servi e noi te ne daremo la spiegazione». 5 Rispose il re ai caldei: «Questa è la mia decisione: se voi non mi rivelate il sogno e la sua spiegazione sarete fatti a pezzi e le vostre case saranno ridotte in letamai. 6 Se invece mi rivelerete il sogno e me ne darete la spiegazione, riceverete da me doni, regali e grandi onori. Ditemi dunque il sogno e la sua spiegazione». 7 Essi replicarono: «Esponga il re il sogno ai suoi servi e noi ne daremo la spiegazione». 8 Rispose il re: «Comprendo bene che voi volete guadagnar tempo, perché avete inteso la mia decisione. 9 Se non mi dite qual era il mio sogno, una sola sarà la vostra sorte. Vi siete messi d'accordo per darmi risposte astute e false in attesa che le circostanze si mutino. Perciò ditemi il sogno e io saprò che voi siete in grado di darmene anche la spiegazione». 10 I caldei risposero davanti al re: «Non c'è nessuno al mondo che possa soddisfare la richiesta del re: difatti nessun re, per quanto potente e grande, ha mai domandato una cosa simile ad un mago, indovino o caldeo. 11 La richiesta del re è tanto difficile, che nessuno ne può dare al re la risposta, se non gli dèi la cui dimora è lontano dagli uomini».12 Allora il re, acceso di furore, ordinò che tutti i saggi di Babilonia fossero messi a morte. 13 Il decreto fu pubblicato e già i saggi venivano uccisi; anche Daniele e i suoi compagni erano ricercati per essere messi a morte.14 Ma Daniele rivolse parole piene di saggezza e di prudenza ad Ariòch, capo delle guardie del re, che stava per uccidere i saggi di Babilonia, 15 e disse ad Ariòch, ufficiale del re: «Perché il re ha emanato un decreto così severo?». Ariòch ne spiegò il motivo a Daniele. 16 Egli allora entrò dal re e pregò che gli si concedesse tempo: egli avrebbe dato la spiegazione dei sogni al re. 17 Poi Daniele andò a casa e narrò la cosa ai suoi compagni, Anania, Misaele e Azaria, 18 ed essi implorarono misericordia dal Dio del cielo riguardo a questo mistero, perché Daniele e i suoi compagni non fossero messi a morte insieme con tutti gli altri saggi di Babilonia.19 Allora il mistero fu svelato a Daniele in una visione notturna; perciò Daniele benedisse il Dio del cielo:20 «Sia benedetto il nome di Dio di secolo insecolo,perché a lui appartengono la sapienza e la potenza.21 Egli alterna tempi e stagioni, depone i re e liinnalza,concede la sapienza ai saggi,agli intelligenti il sapere.22 Svela cose profonde e occultee sa quel che è celato nelle tenebree presso di lui è la luce.23 Gloria e lode a te, Dio dei miei padri,che mi hai concesso la sapienza e la forza,mi hai manifestato ciò che ti abbiamo domandatoe ci hai illustrato la richiesta del re».24 Allora Daniele si recò da Ariòch, al quale il re aveva affidato l'incarico di uccidere i saggi di Babilonia, e presentatosi gli disse: «Non uccidere i saggi di Babilonia, ma conducimi dal re e io gli farò conoscere la spiegazione del sogno». 25 Ariòch condusse in fretta Daniele alla presenza del re e gli disse: «Ho trovato un uomo fra i Giudei deportati, il quale farà conoscere al re la spiegazione del sogno». 26 Il re disse allora a Daniele, chiamato Baltazzàr: «Puoi tu davvero rivelarmi il sogno che ho fatto e darmene la spiegazione?». 27 Daniele, davanti al re, rispose: «Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non può essere spiegato né da saggi, né da astrologi, né da maghi, né da indovini; 28 ma c'è un Dio nel cielo che svela i misteri ed egli ha rivelato al re Nabucodònosor quel che avverrà al finire dei giorni. Ecco dunque qual era il tuo sogno e le visioni che sono passate per la tua mente, mentre dormivi nel tuo letto. 29 O re, i pensieri che ti sono venuti mentre eri a letto riguardano il futuro; colui che svela i misteri ha voluto svelarti ciò che dovrà avvenire. 30 Se a me è stato svelato questo mistero, non è perché io possieda una sapienza superiore a tutti i viventi, ma perché ne sia data la spiegazione al re e tu possa conoscere i pensieri del tuo cuore. 31 Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto. 32 Aveva la testa d'oro puro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, 33 le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte di creta. 34 Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma non per mano di uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e di argilla, e li frantumò. 35 Allora si frantumarono anche il ferro, l'argilla, il bronzo, l'argento e l'oro e divennero come la pula sulle aie d'estate; il vento li portò via senza lasciar traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta quella regione.36 Questo è il sogno: ora ne daremo la spiegazione al re. 37 Tu o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria. 38 A te ha concesso il dominio sui figli dell'uomo, sugli animali selvatici, sugli uccelli del cielo; tu li domini tutti: tu sei la testa d'oro. 39 Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra. 40 Vi sarà poi un quarto regno, duro come il ferro. Come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto. 41 Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte di argilla da vasaio e in parte di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma avrà la durezza del ferro unito all'argilla. 42 Se le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte di argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l'altra fragile. 43 Il fatto d'aver visto il ferro mescolato all'argilla significa che le due parti si uniranno per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l'argilla. 44 Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre. 45 Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per mano di uomo, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro. Il Dio grande ha rivelato al re quello che avverrà da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione».46 Allora il re Nabucodònosor piegò la faccia a terra, si prostrò davanti a Daniele e ordinò che gli si offrissero sacrifici e incensi. 47 Quindi rivolto a Daniele gli disse: «Certo, il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore dei misteri, poiché tu hai potuto svelare questo mistero». 48 Il re esaltò Daniele e gli fece molti preziosi regali, lo costituì governatore di tutta la provincia di Babilonia e capo di tutti i saggi di Babilonia; 49 su richiesta di Daniele, il re fece amministratori della provincia di Babilonia, Sadràch, Mesàch e Abdènego. Daniele rimase alla corte del re."

L'elemento del sogno è molto presente nella Bibbia. In questo caso, il re Nabucodonosòr II riceve un messaggio onirico molto particolare. Solo Daniele è in grado di darne una interpretazione, e non a caso. Interessante osservare il modo in cui il profeta si affida totalmente nelle mani del Signore e dei suoi fratelli nella fede, a cui chiede di pregare incessantemente per lui. E' questo il primo aspetto importante del secondo capitolo del libro: con la preghiera ogni cosa, purchè nei perfetti piani di Dio, diviene possibile. Viene anche ribadita l'importanza di una preghiera collettiva, concetto che verrà esplicato in modo limpido da Dio nella sua Incarnazione in Cristo Gesù: "Perché dove sono due o più riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20). Daniele non teme la morte, che lo stolto re usa come minaccia per soddisfare le proprie esigenze: il suo Re, JHWH, è più grande.

Il sogno di Nabucodonosòr II è la prima visione apocalittica di Daniele, sebbene è di natura indiretta. Egli descrive al re il sogno, e lui stesso ne da l'interpretazione. Questa profezia, futura ai tempi di Daniele, è ad oggi già avvenuta: comprendiamola meglio. L'enorme statua rappresenta gli imperi dell'uomo, a partire dall'epoca dell'Esilio Babilonese. La testa d'oro è dunque l'Impero di Babilonia, il petto e le braccia d'argento indicano l'Impero Persiano, il ventre e le cosce di rame indicano l'egemonia delle Pòleis Greche, le gambe di ferro indicano l'Impero Romano. Attraverso questa profezia, dunque, si vuole far comprendere il periodo mancante alla venuta del Messia, nella terra d'Israele. La pietra che si stacca non per mano d'uomo è la Chiesa (attenzione: non sto parlando espressamente di Chiesa Cattolica), l'erede d'Israele e la comunità dei credenti, che mossa per volontà divina attraverso Cristo sfalderà tutti gli imperi edificati dall'uomo, poichè tutti basati sull'errore. Questa Chiesa, a cui noi siamo chiamati a farne parte, sarà germe alla fine dei tempi di un Nuovo Mondo nel nome della Pace di Dio. Adonai Shalom.

Il Libro di Daniele (Cap.1)

E' possibile dividere il Libro di Daniele in tre parti principali:

1. Daniele e i giovani ebrei alla corte del re (1-6); 2. Visioni di Daniele (7-12); 3. Susanna, Bel e il drago (13-14).

La prima parte è stata scritta dopo o verso la fine del periodo d'Esilio Babilonese da autori giudei che sicuramente attinsero da fonti secondarie, con lo scopo di confortare il popolo israelita deportato e di annunciare le gesta di un grande profeta ispirato da Dio.

Capitolo 1

1 L'anno terzo del regno di Ioiakìm re di Giuda, Nabucodònosor re di Babilonia marciò su Gerusalemme e la cinse di assedio. 2 Il Signore mise Ioiakìm re di Giuda nelle sue mani, insieme con una parte degli arredi del tempio di Dio, ed egli li trasportò in Sennaàr e depositò gli arredi nel tesoro del tempio del suo dio.3 Il re ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile, 4 senza difetti, di bell'aspetto, dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, per essere istruiti nella scrittura e nella lingua dei Caldei.5 Il re assegnò loro una razione giornaliera di vivande e di vino della sua tavola; dovevano esser educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero entrati al servizio del re. 6 Fra di loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania, Misaele e Azaria; 7 però il capo dei funzionari di corte chiamò Daniele Baltazzàr; Anania Sadràch; Misaele Mesàch e Azaria Abdènego.8 Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non farlo contaminare.9 Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari. 10 Però egli disse a Daniele: «Io temo che il re mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e io così mi renda colpevole davanti al re». 11 Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria: 12 «Mettici alla prova per dieci giorni, dandoci da mangiare legumi e da bere acqua, 13 poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re; quindi deciderai di fare con noi tuoi servi come avrai constatato». 14 Egli acconsentì e fece la prova per dieci giorni; 15 terminati questi, si vide che le loro facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che mangiavano le vivande del re. 16 D'allora in poi il sovrintendente fece togliere l'assegnazione delle vivande e del vino e diede loro soltanto legumi.17 Dio concesse a questi quattro giovani di conoscere e comprendere ogni scrittura e ogni sapienza e rese Daniele interprete di visioni e di sogni.18 Terminato il tempo stabilito dal re entro il quale i giovani dovevano essergli presentati, il capo dei funzionari li portò a Nabucodònosor. 19 Il re parlò con loro, ma fra tutti non si trovò nessuno pari a Daniele, Anania, Misaele e Azaria, i quali rimasero al servizio del re; 20 in qualunque affare di sapienza e intelligenza su cui il re li interrogasse, li trovò dieci volte superiori a tutti i maghi e astrologi che c'erano in tutto il suo regno. 21 Così Daniele vi rimase fino al primo anno del re Ciro."

Il primo capitolo che apre il Libro di Daniele illustra un evento storico decisivo per la storia d'Israele. Il re di Babilonia Nabucodonosòr II (regnante 605 - 562 a.C.), con l'intenzione di conquistare l'Egitto, attaccò il piccolo Regno di Giuda, potenziale nemico futuro. Il Regno era retto all'epoca della conquista dal re Ioiakìm, il quale si rifiutò di sottostare al dominio babilonese e fu così deportato insieme alle ricchezze del Tempio di Gerusalemme in Sennaàr, la Mesopotamia, dove era situata Babilonia. A Gerusalemme, capitale del Regno di Giuda, il re instaurò un governo vassallatico e nominò nuovo sovrano il fratello di Ioiakìm, Mattania, a cui fu imposto il nome babilonese Sedecia. Consigliere del nuovo re fu il profeta Geremia, ma ciononostante le sue azioni erano "male agli occhi del Signore". I nobili giudei furono deportati a Babilonia, dove vennero istruiti secondo la dottrina babilonese per tre anni con lo scopo di inserire alcuni di loro, su scelta del sovrano, nella corte reale. Tra i possibili candidati vi erano anche i giovanissimi Daniele, Anania, Misaele e Azaria. Rimasti fedeli nel Signore anche in questo tragico evento, non acquisirono le lussuriose usanze dei Babilonesi (chiamati Caldei dall'autore biblico, il cui nome vuol dire "conoscitori delle stelle" a causa della loro progredita conoscenza astronomica) ma esclusivamente la loro cultura. Il re Nabucodonosòr II, stupito dall'intelligenza e dalle capacità di Daniele e dei suoi compagni, decise di inserirli nella corte reale.

Questo primo capitolo ha anche una funzione di Giudizio. Non dimentichiamo che il nome del profeta Daniele significa in ebraico Giudice di Dio. Le usanze pagane vengono messe a nudo e vinte da quelle rette della tradizione giudaica. La lussuriosità e le comodità della vita sono da convertire, poichè solo una vita modesta, che si basa sull'umiltà del corpo, può guidare l'uomo alla vera spiritualità. Dunque, i pagani non sono esclusivamente i Babilonesi, come in questo caso, o le civiltà non abramitiche. Oggi, ad esempio, il diffuso consumismo e il benessere allontana da Dio la stragrande maggioranza della popolazione, inclusi coloro che si dichiarano "cristiani", solo perchè magari basano la propria fede su una convinzione o una idea non meglio definita. Il loro unico dio diviene in realtà il denaro, Mammona, dalla quale può scaturire ogni forma di piacere e comodità materiale.

Il Libro di Daniele - Presentazione

Il Libro di Daniele (ebraico דניאל, dani'èl; greco Δανιήλ, danièl; latino Daniel) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana. È scritto in ebraico con un'ampia sezione in aramaico (Dan 2,4-7,28). Secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea attorno al 164 a.C. ma fu scritto già nel VI secolo a.C. È composto da 12 capitoli che descrivono le vicende ambientate nell'esilio di Babilonia (587-538 a.C.) del profeta Daniele, saggio ebreo che rimane fedele a Dio, e visioni apocalittiche preannuncianti il Figlio dell'Uomo, il Messia Gesù di Nazareth, e il regno di Dio. La traduzione greca della Settanta contiene alcune sezioni aggiuntive (Preghiera di Azaria e Cantico dei tre giovani nella fornace; Storia di Susanna; Bel e il Drago) composte probabilmente ad Alessandria attorno alla metà del II secolo a.C. Sono ritenute canoniche dalla tradizione cattolica e ortodossa, ma apocrife da quella protestante. Daniele è uno dei santi profeti maggiori del Popolo d'Israele, dopo Isaia, Geremia ed Ezechiele. il Il nome Daniele in ebraico significa Dio è il mio giudice. Le principali informazioni sulla sua vita provengono dal libro biblico a lui attribuito. Daniele, sicuramente di nobile famiglia giudea, era ancora un adolescente quando venne deportato insieme al suo popolo in Babilonia. Svolge dunque in queste terre il suo magistero di profeta, ispirato dallo Spirito divino. Non c'è motivo di dubitare della storicità del personaggio di Daniele, al contrario di quanto è affermato dagli scettici. Diversi autorevoli personaggi, biblici (San Paolo di Tarso, Ezechiele, lo stesso Gesù Cristo) e non biblici (Giuseppe Flavio) fecero riferimento a lui e ai suoi tre compagni dimostrando che credevano in lui e lo tenevano in alta considerazione, non considerandolo un personaggio inventato. I particolari accurati con cui descrive le usanze, i costumi, la religione e la vita a corte nell'antica Babilonia possono essere stati scritti solo da qualcuno che era stato sul posto, come appunto Daniele stesso. La Chiesa ortodossa celebra la festa di San Daniele il 17 dicembre insieme ad Anania, Azaria e Misaele, i tre giovani che lodavano Dio nella fornace di Babilonia, mentre la Chiesa cattolica, sorella nella fede a quella greco-ortodossa, lo ricorda il 21 luglio. Il libro è stato dunque scritto molto probabilmente dallo stesso profeta, almeno nelle parti in cui la narrazione è in prima persona (7, 2-28; 8, 1-27; 9, 1-27; 10, 2-20; 11, 1-45; 12, 1-13), durante il periodo di Esilio Babilonese. Esilio o cattività babilonese è definita la deportazione a Babilonia dei Giudei di Gerusalemme e del Regno di Giuda al tempo di Nabucodonosor II. L'Esilio fu un grande trauma per gli esiliati, che avrebbero dovuto reinterpretare la loro identità e la loro religione senza tempio, senza re e senza terra, spesso rischiando di dimenticare o confondersi con teologie pagane. Fortunatamente, JHWH non ha mai abbandonato il Suo Popolo Israele tramite anche questi profeti. Solo nella tribù di Giuda era sopravvissuto il culto di JHWH, dopo la distruzione del Regno del Nord ad opera degli Assiri. Più di cent'anni dopo, è invece il Regno del Sud ad essere invaso, ma, nonostante ciò, è in questa frazione della popolazione israelitica che rimane viva la religione ebraica. Nella Bibbia questi fedeli superstiti son chiamati Resto d'Israele. È in questo periodo che iniziano ad assimilarsi le parole ebrei e giudei, ebraismo e giudaismo, sebbene non propriamente simili. La deportazione dei Giudei è avvenuta in tre momenti (cfr. Geremia 52,28-30). La prima si verificò al tempo di Ioiakìm (597 a.C.) a seguito della sconfitta del Regno di Giuda a causa dei Babilonesi; il Tempio di Gerusalemme fu parzialmente distrutto ed alcuni cittadini furono esiliati, scelti tra i più importanti. Undici anni più tardi (587 a.C.), dopo una rivolta contro l'impero al tempo del regno di Sedecia, la città di Gerusalemme fu completamente rasa al suolo e vi fu una nuova deportazione. Termina così il Regno di Giuda. Infine, cinque anni più tardi, sempre secondo Geremia, un terzo esilio completò i precedenti. Certamente a Babilonia è stata deportata l'èlite religiosa, politica ed economica e non la popolazione rurale. Da ciò si è compreso che Daniele, deportato, era di origini nobili ma soprattutto di grande fede nel Signore Dio.

giovedì 10 dicembre 2009

Shemà Israel

שמע ישראל יהוה אלהינו יהוה אחד

ברך שם כבד מלכותו לאולם ועד

"Ascolta, Israele, JHWH è il nostro Dio, JHWH è uno. Sia benedetto il santo Nome del Suo Regno per sempre ed in eterno.

E amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. E metterai queste parole che Io ti comando oggi, nel tuo cuore, e le insegnerai ai tuoi figli, pronunciandole quando riposi in casa, quando cammini per la strada, quando ti addormenti e quando ti alzi. E le legherai al tuo braccio, e le userai come separatore tra i tuoi occhi, e le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte delle città.

E sarà, se ascolterete i Miei comandamenti, che oggi vi do, di amare il vostro Dio e di onorarlo con tutto il vostro cuore, con tutta la vostra anima e con tutte le vostre forze, allora vi darò rugiada per le vostre terre, pioggia primaverile ed estiva, così raccoglierete le vostre granaglie, il vostro vino ed il vostro olio, e darò erba per il tuo bestiame, e mangerete e sarete soddisfatti. Ma guardatevi dall'aprire i vostri cuori a rivolgervi al culto di altri dei, e di adorarli, perché allora l'ira di Dio sarà contro di voi, e chiuderà il cielo, e non ci sarà rugiada, e la terra non darà il suo prodotto, e passerete rapidamente dalla buona terra che Dio vi ha dato. E quindi mettete queste parole nel vostro cuore e nella vostra anima, e siano come parole sulle vostre mani e tra i vostri occhi, e insegnatele ai vostri figli, e pronunciatele quando riposate nelle vostre case, quando camminate per strada, quando vi addormentate e quando vi alzate, e scrivetele sugli stipiti delle vostre case e sulle vostre porte. Così saranno moltiplicati i vostri giorni ed i giorni dei vostri figli nella terra che Dio promise ai vostri padri di dare loro, per tanto quanto durano i giorni del cielo sulla terra.

E Dio disse a Mosè: dì ai figli di Israele di fare d'ora in poi delle frange agli angoli dei loro vestiti, e vi sia un filo azzurro in ognuna di queste frange. Questi saranno i vostri zizzit, e guardandoli ricorderete i precetti divini, e li osserverete, e non seguirete i vezzi del vostro cuore e le immagini dei vostri occhi, che vi fanno deviare seguendoli. Così ricorderete e osserverete tutti i precetti, e sarete santi per il vostro Dio. Io sono il Signore Dio vostro, che vi ha fatto uscire dalla terra di Egitto per essere il vostro Dio, Io sono il Signore, vostro Dio."

Lo Shemà in ebraico שמע, Ascolta (a volte detto Shemà Israel, שמע ישראל) è una preghiera della liturgia ebraica. È in genere considerata la preghiera più sentita, forse assieme al Kaddish. La sua lettura (Qiriat Shema) avviene due volte al giorno, nella preghiera mattutina ed in quella serale.

Lo Shema è costituito da una premessa, fatta di due versi, e da tre parti, costituite da brani della Torah ebraica, corrispondente al Pentateuco biblico del canone cristiano:

  1. Il primo, VeAhavtà, da Deuteronomio (Devarim) 6:4-9
  2. Il secondo, VeHayà, da Deuteronomio (Devarim)11:13-21
  3. Il terzo, VaYòmer, da Numeri (Vayikra) 15:37-41

Anche Gesù di Nazareth, il Cristo, essendo ebreo, rispettava la sacra funzione.

martedì 8 dicembre 2009

Immacolata Concezione

L'Immacolata Concezione è un dogma cattolico, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento. La Chiesa cattolica celebra la solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria l'8 dicembre. Nella devozione cattolica l'Immacolata è collegata con le apparizioni di Lourdes (1858). CONTINUA

lunedì 7 dicembre 2009

LE PROFEZIE DI PADRE PIO

Messaggi di Gesù a Padre Pio L'ora dei castighi è vicina, ma manifesterò la Mia Misericordia. La vostra epoca sarà testimone di un terribile castigo. I Miei Angeli prenderanno cura spirituale di annientare tutti coloro che si burlano di Me e che non crederanno alle Mie profezie. Uragani di fuoco saranno scagliati dalle nuvole, e si estenderanno su tutta la terra. Temporali, tempeste, tuoni e piogge ininterrotte, terremoti copriranno la terra durante tre giorni. Seguirà allora una pioggia di fuoco ininterrotta, per dimostrare che Dio è Signore della creazione. Coloro che sperano e credono nella Mia Parola non dovranno temere, nè dovranno temere nulla coloro che divulgheranno il Mio messaggio, perchè non li abbandonerò. Nessun male sarà fatto a coloro che sono nelle Mie Grazie, e che cercheranno la protezione della Madre Mia. Per prepararvi a questa prova, vi darò dei segni e delle istruzioni. La notte sarà freddissima, il vento spunterà, il tuono si farà sentire. Chiudete tutte le porte e tutte le finestre. Non parlate con nessuno di fuori. Inginocchiatevi davanti al vostro Crocifisso; pentitevi dei vostri peccati; pregate Mia Madre di ottenere la Sua protezione. Non guardate fuori durante il terremoto, perchè l'ira del Padre Mio è santa, non sopportereste la vista della Sua ira... Nella terza notte cesseranno i terremoti ed il fuoco, ed il giorno dopo il sole risplenderà di nuovo. Gli angeli scenderanno dal cielo e porteranno sulla terra lo spirito della pace. Un terzo dell' umanità perirà... CONTINUA

domenica 22 novembre 2009

Nostra Signora di Guadalupe Messico 1531

Nostra Signora di Guadalupe è l'appellativo con cui i cattolici venerano Maria in seguito a un'apparizione avvenuta in Messico nel 1531. Secondo il racconto tradizionale, Maria apparve a Juan Diego Cuauhtlatoatzin, un azteco convertito al cristianesimo, sulla collina del Tepeyac a nord di Città del Messico, più volte tra il 9 e il 12 dicembre 1531. Il nome Guadalupe sarebbe stato dettato da Maria stessa a Juan Diego: alcuni hanno ipotizzato che sia la trascrizione in spagnolo dell'espressione azteca Coatlaxopeuh, "colei che schiaccia il serpente" (cfr. Genesi 3,14-15). A memoria dell'apparizione, sul luogo fu subito eretta una cappella, sostituita dapprima nel 1557 da un'altra cappella più grande, e poi da un vero e proprio santuario consacrato nel 1622. Infine nel 1976 è stata inaugurata l'attuale Basilica di Nostra Signora di Guadalupe. Nel santuario è conservato il mantello (tilmàtli) di Juan Diego, sul quale è raffigurata l'immagine di Maria, ritratta come una giovane indiana: per la sua pelle scura ella è chiamata dai fedeli Virgen morenita ("Vergine meticcia"). Nel 1921 un attentato dinamitardo tentò di distruggere il mantello, ma esso rimase intatto. L'apparizione di Guadalupe è stata riconosciuta dalla Chiesa cattolica e Juan Diego è stato proclamato santo da papa Giovanni Paolo II il 31 luglio 2002. La Madonna di Guadalupe è venerata dai cattolici come patrona e regina del continente americano. La sua festa si celebra il 12 dicembre, giorno dell'ultima apparizione. Continua

Gli Angeli

Gli Angeli sono creature delicate e sottili, sono pura essenza d'amore, invulnerabili, incorruttibili e privi del decadimento che caratterizza gli esseri umani. Essi sono energia pura senza forma, dotati di consapevolezza. libero arbitrio e inimmaginabile intelligenza. Sono vibrazione energetica di luce. La caratteristica forma alata e la bellezza sublime dei loro volti non sono solo fantasia: è l'immagine che loro usano per avvicinarsialla materia, senza spaventarci e altro non è che il riflesso della loro essenza visibile e manifesta. Essi si avvicinano alla nostra vita mai con irruenza, ma sempre con dolcezza, gentilezza e gioia. La difficoltà per tutti all'inizioè saper cogliere i segnali sottili e leggeri della loro presenza. Loro agiscono con amore sconfinato verso di noi, dovendo tuttavia seguire le leggi del nostro Karma personale(KARMA=conflitti e dolori dentro e fuori di noi accumulati; nel corso della vita che influisce e determina il proprio destino) ed avendo un rispetto totale del nostro libero arbitrio tale da starci accanto anche nella peggiore delle nostre azioni esortandoci a compredere i nostri errori. Continua Post di Michele Carta

Gli Spiriti Guida

Gli spiriti guida sono spiriti disincarnati gia' evoluti ma non e detto che sono al massimo della loro evoluzione vengono assegnati a persone incarnate un giustamente piu' inferiori do loro ma anche molti spiriti guida dovranno fare il loro precorso di progresso da disincarnati Tutti gli spiriti guida si sono incarnati almeno una volta,in modo da avere una certa comprensione della vita sulla terra.Lo spirito guida conosce ogni piu' complesso dettaglio del piano vitale che abbiamo scritto per questo particolare viaggio,ha la saggezza e le capacita necessarie di seguirci comprendendo i vari stati dell'uomo incarnato La dottrina degli Spiriti protettori dovrebbe convertire anche i più increduli per l’incanto della sua dolcezza. E invero, quale idea più consolante di quella che ciascuno di noi ha sempre in sua difesa un essere che gli è superiore, pronto a soccorrerlo, a consigliarlo, a sorreggerlo, ad aiutarlo a salire l’aspra montagna del bene, amico più sincero e più devoto dei più intimi che si possano desiderare su questa terra? Quell’essere vi segue per ordine di Dio, che a lui vi affidava, e, compreso d’amore, compie presso di voi una bella, ma penosa missione. Continua ( post di Michele Carta)